«Con l’acquisto di Hirving Lozano il Napoli fa un grande passo avanti verso lo scudetto. È un attaccante devastante che con Ancelotti potrà migliorare ancora, ed è già uno dei migliori giocatori della sua generazione». Le parole del presidente del Pachuca Jesús Martínez Patiño, che ha seguito il percorso di crescita del Chucky Lozano da quando era bambino fino a quando è diventato professionista, descrivono la diversa percezione – tra il Messico e l’Europa – rispetto al nuovo attaccante del Napoli. Martínez parla di un trasferimento che sposta gli equilibri della Serie A, ed è una considerazione meramente tecnica, di campo. Ma l’acquisto del messicano ex Psv ha un impatto a priori, extracampo, slegato da quel che accadrà al San Paolo e negli altri stadi italiani.
È un discorso di valutazione dei calciatori messicani che c’è al di qua dell’oceano, specialmente in Serie A: banalmente, nel massimo campionato italiano non ci sono mai stati calciatori messicani rilevanti. L’unico che ha avuto un minimo di esito è Rafa Márquez, una leggenda del fútbol messicano, arrivato però all’Hellas Verona solo a fine carriera. Tutti gli altri, un elenco che va da Pedro Pineda – al Milan di Capello negli primi anni Novanta, tornato in patria senza mai giocare – a Héctor Moreno (Roma), passando per Miguel Layún (Atalanta) e Carlos Salcedo (Fiorentina) – sono stati soltanto meteore. Per Lozano è diverso: a 24 anni arriva al Napoli come una promessa, un giocatore in divenire, ma anche come uno che ha già giocato e dimostrato tanto ai massimi livelli – dalla Champions League ai Mondiali in Russia 2018.
L’eco dell’acquisto di Lozano viaggia anche in direzione opposta. Anzi, per il Napoli l’impatto più grande è quello che il trasferimento avrà sull’altra sponda dell’Atlantico. In Messico, Lozano ha smesso da tempo di essere la proxima gran cosa. È il miglior talento a disposizione della Nazionale Tricolor. È il volto più riconoscibile, il giocatore che crea più hype. Per importanza ha superato e doppiato Giovani Dos Santos, tornato in patria dopo aver deluso anche nella sua esperienza negli Usa con i Galaxy, e ha strappato il primato di miglior giocatore messicano in circolazione al Chicharito Hernández, che ha già ampiamente scollinato i 30 anni e sembra essersi messo alle spalle i momenti migliori della carriera. Spetta dunque a Lozano mettere il Napoli, la Serie A e tutto il calcio italiano sulla mappa, la mappa del pubblico messicano. E si tratta di un bacino di utenza stimato in quasi 70 milioni di persone (circa la metà del totale della popolazione, siamo intorno ai 130 milioni di abitanti), più di tutti gli abitanti della penisola italiana. Un mare di tifosi che fino ad oggi potrebbe non aver mai buttato l’occhio a queste latitudini, e inizierà a farlo perché adesso c’è un ragazzino chiamato Chucky.
In più il Messico è l’unico Paese del Nord America con una tradizione calcistica fortemente radicata nel tessuto sociale, al pari degli Stati del Sud, e perciò rappresenta un mercato di riferimento anche per i due giganti a Nord del Rio Bravo (o Rio Grande, a seconda della posizione di chi lo guarda). Stati Uniti e Canada non hanno lo stesso legame con il “loro” soccer, ma stanno imparando ad apprezzarlo, soprattutto tra le generazioni più giovani – al punto che presto potrebbe diventare il terzo sport preferito dopo football e basket. C’è un dato che spiega il ruolo di benchmark del calcio messicano nel subcontinente nordamericano: la lega con più seguito negli Usa è la Liga MX, più di Premier League e della stessa Mls; poi seguono Liga spagnola, Bundes e Ligue 1. La Serie A è soltanto al settimo posto, appena prima della seconda divisione inglese. Il sentimento calcistico messicano supera sempre il confine a Nord – muro o non muro –, e Lozano sarà un jolly per il calcio italiano, che potrà così conquistare punti di visibilità e appeal rispetto agli altri campionati europei.
Per il Napoli, in particolare, c’è ancora un ulteriore significato che si intreccia con il contesto Serie A. L’acquisto di Lozano certifica una volta di più il ruolo del club come seconda forza del campionato. Se l’arrivo di Manolas dalla Roma dava la misura della distanza tra la società partenopea e il resto della Serie A, in una posizione intermedia tra la Juventus – che ormai fa storia a sé – e le altre, il trasferimento di Lozano conferma questo gap, se non altro perché il Napoli ha deciso di ritoccare il suo record storico di spesa per un singolo giocatore. E lo ha fatto per un ragazzo che a 24 anni si avvicina a quello che logicamente dovrebbe essere il punto più alto della sua parabola calcistica, e che nonostante i margini di miglioramento e la necessità di adattarsi a un contesto – tattico e ambientale – molto più esigente, arriva dopo un’avventura olandese chiusa con 79 partite, 40 gol e 23 assist in due stagioni (60 presenze, 34 gol e 22 assist nella sola Eredivisie) con la maglia del Psv.

Tutte queste considerazioni vanno affiancate dal sottotesto delle parole del presidente del Pachuca Jesús Martínez Patiño: Lozano potrebbe essere il fit perfetto per il Napoli di Ancelotti, in campo. Un’operazione eccellente non solo dal punto di vista finanziario, ma anche tecnico, perché è del tutto coerente con il sistema di gioco che sta sviluppando Ancelotti: un calcio liquido dove all’ordine e all’equilibrio difensivo fa da contraltare un gioco offensivo verticale, diretto, senza posizioni statiche, dove non c’è posto per gli specialisti ma si esaltano i talenti in grado di spaccare una partita in molti modi diversi. In questa squadra Hirving Lozano potrebbe trovare l’ambiente adatto alle sue caratteristiche. Un esterno brevilineo dal fisico compatto, esplosivo ed elastico, che negli ultimi due anni in Olanda ha imparato a proporre diverse variazioni sul tema rispetto alla classica giocata a rientrare da sinistra sul piede forte. El Chucky ha saputo esplorare oltre la sua comfort zone, trasformandosi in uno dei più efficaci tra gli attaccanti moderni. Un po’ come ha fatto, e sta ancora facendo, Kylian Mbappè, il prototipo dell’attaccante del 2020.
Fatte le dovute proporzioni, Lozano sta seguendo lo stesso percorso: è un giocatore che fa del dribbling la sua arma principale per arrivare al gol, un’arma che nel tempo ha sviluppato a livello d’élite (nell’ultima stagione al Psv ne ha realizzati 2,2 a partita). Ma non è (più) l’unica opzione possibile, per lui. La sua abilità di passatore nell’ultimo terzo di campo non viene evidenziata a sufficienza: parliamo di un esterno che ha realizzato una media di 11 assist a campionato nelle ultime due stagioni, con 2,1 passaggi chiave a partita. Nell’ultima Serie A soltanto tre giocatori – Ilicic, De Paul e Papu Gomez – potevano combinare cifre simili in quanto a dribbling e passaggi chiave.

Resta da capire, però, come reagirà al primo impatto con un contesto molto più duro, più tattico, rispetto alla Eredivisie. Si tratta del secondo grande salto nella sua carriera, dopo quello dal Messico all’Olanda. Le condizioni saranno certamente differenti, e tutto quel che farà in campo avrà un coefficiente di difficoltà molto più elevato rispetto al passato. Ma proprio per questo non è escluso che in Italia, in particolare nel Napoli di Insigne, Fabián Ruiz e Zielinski, el Chucky possa sviluppare ancor di più il suo set di movimenti senza palla, fin qui sottovalutato – anche perché ha sempre vissuto in contesti tecnici in cui era il primo ricevitore designato, l’uomo cui rivolgersi per gli ultimi tocchi dell’azione.
Lozano potrebbe scoprirsi un giocatore decisivo ai massimi livelli del calcio europeo in una squadra che gli permette di sfruttare le letture senza palla, i tagli nello spazio e la tecnica in ricezione. Per Ancelotti, Chucky è il giocatore che apre ancor di più il ventaglio delle opzioni possibili, quello che può integrarsi con tutti gli altri elementi dell’attacco e spiana la strada a una molteplicità di soluzioni alternative ancora nemmeno immaginate.