La Premier League è un campionato mediocre, dice l’Economist

Secondo un’indagine dell’Economist la Premier League è un campionato in perfetta saluta economica, ma sorprendentemente mediocre. Se si torna indietro alla data di inizio del nuovo corso, nell’agosto del 1992, soltanto 13 calciatori stranieri scesero in campo nella gara inaugurale, mentre gli introiti totali della lega si assestarono intorno ai 300 milioni di euro. Completamente differente il dato risalente alla stagione 2015/16, in cui scesero in campo giocatori provenienti da 65 nazioni e si registrò un incasso superiore ai 4,8 miliardi di euro. L’appeal e la vendibilità del brand Premier sono aumentati esponenzialmente, crescendo sia in termini di tifosi che di sponsorship e accordi televisivi. La Bundesliga, che segue in seconda posizione, raccoglie appena la metà degli introiti del campionato inglese.

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Nonostante lo strapotere economico del massimo campionato, sorprende la poca competitività dei club, che soltanto un decennio fa dominavano la Champions League. Dal 2012, anno in cui il Chelsea di Di Matteo ha vinto il torneo, nessuna squadra di Premier è riuscita a replicare l’exploit dei Blues. Stesso problema per quanto riguarda i giocatori inglesi, come dimostra la classifica del Pallone d’Oro: l’ultimo a finire tra i top 5 è stato Wayne Rooney nel 2011.

Secondo l’Economist, è proprio la “competizione sana” della Premier League a renderla più debole:  i proventi televisivi sono ripartiti, in Inghilterra, in maniera organica, per prevenire l’instaurarsi del monopolio di una sola squadra: nelle ultime cinque stagioni, infatti, quattro diverse squadre hanno vinto il titolo di campione nazionale. Real Madrid, Juventus e Bayern Monaco ottengono, al contrario, grandi guadagni dai propri campionati, e possono rinforzarsi maggiormente a scapito delle avversarie interne, aumentando di anno in anno il proprio potere. Juventus e Bayern Monaco vincono da almeno cinque anni di fila, mentre il Paris Saint-Germain si è fermato “soltanto” a quattro.

L’imprevedibilità della Premier è insomma fondamentale per l’intrattenimento ma rende più arduo l’arrivo delle grandi star del calcio internazionali, che preferiscono spostarsi in club come Barcellona, Real Madrid o Psg, in cui la vittoria di trofei è più probabile che al Chelsea o al Manchester City. Mentre la Spagna ha attratto Palloni d’Oro come Cristiano Ronaldo dallo United e ancora prima Michael Owen dal Liverpool, il tentativo di far muovere in senso inverso giocatori come Lionel Messi è, a oggi, fallito miseramente. Senza dimenticare, come sottolinea l’Economist, i mancati investimenti su giocatori cresciuti in casa, che furono una delle chiavi dei successi internazionali dei club inglesi nel passato.