Wendell Lira contro Golia

Il vincitore del Puskas Award ha una storia sfortunata: lui, nel discorso a Zurigo, si è paragonato al re d'Israele.

Uscire a testa china dall’ennesima sessione di fisioterapia. Essere fermato per la strada pensando di essere vittima di un assalto e scoprire, invece, di essere tra i finalisti del Premio Puskas, insieme a un certo Leo Messi, per il titolo di più bel gol dell’anno. Una storia rocambolesca come quella che si nasconde dietro Wendell Lira, 27enne attaccante del Vila Nova, squadra cadetta del campionato brasiliano, fresco vincitore del riconoscimento per la rete più bella del 2015, davanti al pentacampeão del Pallone d’Oro. Una favola dal sapore antico, di lotta, sacrifici e cadute. Fino all’11 marzo 2015, quando, in un mercoledì di fine estate durante un melanconico derby di Serie D tra Goianésia e Atlético in Goiás, vicino alla capitale Brasilia, il 27enne attaccante si inventa una semi-rovesciata alla «karate kid», come l’ha scherzosamente definita il suo connazionale Neymar.

Wendell Lira a Zurigo con il premio (Photo by Matthias Hangst/Getty Images)
Wendell Lira a Zurigo con il premio (Photo by Matthias Hangst/Getty Images)

Gol, partita e un posto per sempre tra i miti del calcio, i Messi e Cristiano Ronaldo che, come il brasiliano ha detto senza vergogna alla premiazione di Zurigo, aveva visto solo nei videogame. La rete del Puskas Award ha cambiato la vita a Wendell non solo per il premio vinto, ma anche perché dopo mesi di disoccupazione gli ha permesso di trovare un contratto con il Vila Nova, con cui disputerà la stagione 2016/17 da terminale offensivo. La storia di Wendell Lira incarna a pieno la parabola del calciatore di periferia che arriva ai piani nobili del calcio, anzi li supera, perché battere il cinque volte pallone d’oro Leo Messi è un’impresa quasi da fantascienza. Una traiettoria che migliaia di giovani brasiliani generazione dopo generazione provano a rincorrere da Nord a Sud, da Est a Ovest in un Paese-Continente di 200 milioni di persone. Moltissimi ci credono, sempre meno ci riescono, in quella che oggi sembra una crisi senza fine della Scuola calcio per eccellenza. Soprattutto di identità ed economica. Eppure, inizialmente, la carriera di Wendell Lira sembrava una di quelle alla Neymar. Nel 2006 è una giovane promessa della Primavera del Goiás. Con le prime apparizioni nella nazionale sub-20 verde-oro si trova gli occhi del Milan addosso: l’offerta per portarlo in Italia è di un milione e mezzo di euro, la risposta è il no del patron del club brasiliano che lo vuole vendere a un prezzo maggiore a un’altra grande d’Europa. Il rifiuto darà il la all’operazione per portare Pato, compagno di Wendell Lira in nazionale, in rossonero. Il 2007, l’anno successivo, sembra quello della consacrazione: con sette gol in otto gare Wendell Lira vince il titolo di capocannoniere nel campionato brasiliano under 20, ma nel 2008 arriva il primo grave infortunio di una serie: la rottura del legamento è l’inizio di un incubo lungo sette anni. Gli infortuni si ripetono, una girandola di squadre di bassa categoria e pochissimi gol, tanto da costringerlo a iniziare a lavorare nella tavola calda della madre per mantenere la moglie e la figlia di due anni.

Ma Wendell Lira fin da piccolo è abituato a lottare. Prima per non morire di fame, poi contro la sfortuna. Riesce a ottenere un contratto per una stagione da 800 euro al mese con la Goianésia. Poi arriva quell’11 marzo, quella bicicletta al volo fatta quasi a occhi chiusi, e in questo momento entra in gioco un altro grande protagonista nella storia: il Brasile del calcio, ossia tutto il Paese. Per vincere il premio servono i voti dei tifosi sul sito della Fifa. Radio, siti internet e tv locali lanciano una campagna social per raccogliere più click possibili. Amici e parenti scoprono che si può votare più volte. Inizia una maratona di notti bianche davanti ai pc che termina con 700mila voti, abbastanza per far aggiudicare a Wendell Lira il titolo di gol più bello dell’anno. Un premio anche alla tenacia, che ha “costretto” lui e la moglie Ludmyla, mai usciti dal Brasile, a fare il passaporto in fretta e furia per poter andare in Svizzera a ritirare il premio. Una mini luna di miele per Wendell e Ludmyla che, appena sposati, non l’avevano potuta fare per problemi economici.

A diecimila chilometri di distanza, nella tavola calda della madre, parenti e amici si riuniscono di fronte alla tv in attesa della proclamazione del vincitore. La storia è quella di un Davide che vince Golia, la metafora con cui Wendell Lira ha voluto raccontare la sua vita, trattenendo a stento le lacrime, davanti alla platea del Kongresshaus di Zurigo lasciando a bocca aperta i connazionali Kaká, Marcelo e Daniel Alves. Nel tempo di scendere dal palco con il premio che, per l’emozione, quasi gli cade dalle mani, i suoi follower su Instagram passano da 10 a 80mila. Poi una placca nello stadio dove ha segnato lo storico gol, una macchina scoperta con tanto di giro trionfale per le strade della città, gli sponsor locali che lo contattano per diventare il nuovo uomo immagine in Goiás. Una storia da eroe normale, che ha saputo vivere al meglio i suoi 15 minuti di notorietà, riuscito a stare sullo stesso gradino di Lionel Messi, per un giorno.