Giuliano Simeone è una delle più belle rivelazioni di questa stagione

Nessuno se l'aspettava, ma è diventato titolare inamovibile dell'Atlético Madrid. E il fatto di essere il figlio del Cholo, com'è facile immaginare, non c'entra niente.

Che l’Atlético Madrid sarebbe stato il suo posto nel mondo, in fondo, Giuliano Simeone l’ha sempre saputo. Fin da quando, una quindicina d’anni fa, in un caldo pomeriggio di dicembre argentino, a papà Diego arriva una chiamata in spiaggia: «È l’Atlético, mi vogliono come allenatore. Che faccio? Vado?» chiede Simeone a moglie e figli. «Non cincischi, vada»  consiglia Giuliano. Ok, forse non ha risposto come Bonolis ad Avanti un Altro, ma il senso era più o meno quello. Come ha raccontato a Cronache di Spogliatoio, per lui quel pezzo di Madrid è sempre stato casa. Nonostante la carta d’identità indichi un altro luogo di nascita, Roma. Sì, Giuliano è nato proprio nella capitale, quando il padre giocava nella Lazio. Ma la sua carriera assomiglia a un nostos, un racconto dell’eroe greco che torna in patria. Solo che la patria non è né l’Italia né l’Argentina, il Paese che rappresenta a livello da Nazionale, ma Madrid: il suo place to be.

Ci ha messo un po’, è vero, ma ora che è finalmente entrato nel mondo Atleti non lo vuole più lasciare. Pur essendo un canterano d’eccezione, il figlio dell’allenatore che ha segnato la storia del club, non ha avuto proprio la vita facile. Anzi, l’esatto contrario: ha dovuto combattere contro l’etichetta del raccomandato, con la durezza del padre che non voleva fargli sconti e con un infortunio che poteva cambiare il suo percorso. Peripezie, tante peripezie, proprio come gli eroi dei nostoi. «Quando sono arrivato nella seconda squadra dell’Atlético, per la prima volta ho dovuto mettere il nome sulla maglia», – ha rivelato. «I miei fratelli hanno sempre avuto sulla schiena il nome “Simeone” e io, dopo averci pensato molto, mi sono detto che fin da piccolino ho voluto essere conosciuto per il mio nome e non per il cognome. Ho quindi deciso di mettere Giuliano per creare un mio cammino, che è quello che ho sempre voluto: in campo voglio essere Giuliano».

Giuliano. Una delle tre “G” di casa Simeone, insieme ai fratelli Giovanni (attaccante del Napoli) e Gianluca, che gioca al Rayo Majadahonda, in Segunda División. Ecco, che Giuliano sarebbe diventato un calciatore da top club lo si è capito presto. Fin dalla giovanili del River, attraversate come un giocatore dominante ma senza esordire in prima squadra. Perché è arrivata prima la – solita, viene da dire – telefonata dell’Atletico. L’impatto in Spagna è stato subito convincente. Un campionato giovanile vinto, poi una stagione negativa per la squadra B, retrocessa dalla terza alla quarta divisione. Un gruppo che se ne va e la società che decide di puntare sui 2002. Una fortuna per Giuliano. che diventa titolare, segna tre gol e conquista la promozione. Per migliorare ancora, però, bisogna uscire dalla comfort zone e andare a Saragozza, lì dove un altro argentino, Diego Milito, è diventato grande. Giuliano segue il suo esempio, mette insieme nove gol e tre assist nella stagione 2022/23. L’Alavés gli mette gli occhi addosso e lo porta a Vitoria-Gasteiz nell’estate successiva. Le prime settimane filano lisce, finché non si rompe tibia e perone in agosto. Il padre, che fino ad allora lo aveva seguito da lontano, prende la macchina e attraversa la Spagna per stargli vicino.

Fa strano pensare che adesso i due, quando vanno a vedere le partite di Gianluca, si siedano in due posti diversi dello stadio. Per la cronaca, l’impianto del Rayo Majadahonda , il Cerro del Espino, conta 3865 posti, non proprio il luogo migliore passare inosservati. Eppure anche per Simeone Sr, che ovviamente rifugge il nepotismo, era impossibile lasciare Giuliano nei Paesi Baschi. Dopo essersi ripreso dall’infortunio, infatti, il ragazzo mette il turbo e diventa uno dei grandi protagonisti della salvezza dell’Alavés. Il ritorno alla base si compie finalmente nel luglio scorso: l padre non gli concede nulla, anzi lo tratta più severamente degli altri. Arrivano separatamente al campo, quasi manco si salutano, neanche se si devono vedere più tardi per un pranzo in famiglia.

Se è diventato un titolare dell’Atletico, quindi, non è certo per simpatia. Un aiuto, in qualche modo, il padre gliel’ha dato cambiandogli ruolo e schierandolo come laterale a centrocampo nel suo 4-4-2. Un messaggio neanche tanto in codice: all’Atleti c’è da correre e lavorare per guadagnarsi il posto da titolare. Il Cholo era perfettamente consapevole di potergli chiedere queste cose: se esiste un suo sosia, nei lineamenti e proprio nel carattere, quello è proprio Giuliano. Che si è calato nella realtà Atletico esattamente come aveva fatto il papà vent’anni prima: diventando l’anima della squadra. E anche l’idolo dei tifosi, che ormai ogni due per tre scandiscono “Olé, Olé, Olé Giuliano” dalle tribune del Metropolitano.

 

Visualizza questo post su Instagram

 

Un post condiviso da Giuliano Simeone (@giulisimeone)

Ma Giuliano è molto di più. È anche intellignenza tattica, intensità, velocità, visione di gioco. Non è uno che va giudicato dai gol, quanto dagli assist – che sono già cinque, di cui quattro a Julián Álvarez, con cui ha un’intesa speciale – e dal contributo che dà in tutte le fasi di gioco. Non è facile trovare in Europa un esterno capace di garantire, in ogni partita, almeno un passaggio chiave a nell’ultimo terzo di campo e in area di rigore, il 55% di contrasti vinti e poco meno di quattro palloni recuperati. Questi numeri sono la testimonianza di un sacrificio che permette a Simeone di tenere in campo, tutti insieme, Griezmann, Álvarez alti e uno tra Gallagher, De Paul e Correa.

Nell’Atlético Madrid, Giuliano Simeone è la bolla della livella, l’elemento quello che tiene tutto in equilibrio. Molto spesso la sua fatica non si vede, ma si sente. Con prestazioni del genere anche un duro come papà Diego ha dovuto cedere, inserendolo quasi sempre tra i titolari. Gliel’ha fatta sudare, però. Fino a ottobre l’ha messo in campo sempre dopo, poi dal primo gol in questa Liga contro il Las Palmas, di fatto non l’ha più tolto. In questo modo Giuliano si è preso anche l’Argentina: convocato per la prima volta a settembre, ha esordito a novembre, sostituendo il compagno di club Molina. Nell’ultimo turno di qualificazioni mondiali, poi, si è pure tolto la soddisfazione di segnare al Brasile, nel 4-1 dell’albiceleste al Monumental. Ieri sera ha ribaltato da solo la gara contro il Valladolid, conquistandosi il rigore del pareggio, trasformato da Álvarez, e segnando il 2-1. Come? Rientrando su Henrique Silva. Ancora un rientro, la costante della vita di Giuliano.

Leggi anche