L’arrivo di Hamilton in Ferrari è un capolavoro di comunicazione

Cronaca e sensazioni di una presentazione che rimarrà nella storia, e non solo in quella del motorsport.

La classe non è acqua. Semmai un cavallino rampante su sfondo giallo. E rosso ogni altro elemento: da ieri, Lewis Hamilton è a tutti gli effetti un pilota della Ferrari. Bagno di folla, battesimo a Fiorano, prova sedile e quelle mani che tanto hanno vinto a tenere il volante della SF-23 come una reliquia. «Ho avuto la fortuna di vivere molte prime volte nella mia carriera», questo il saluto del campione. «Il primo test, la prima gara, podio, vittoria e campionato. Quindi non ero sicuro di quante altre “prime” avrei ancora assaporato, ma guidare per la prima volta una monoposto della Scuderia Ferrari HP è stata una delle sensazioni più belle della mia vita». Il piacere è reciproco, a osservare la casa di Maranello. La sua reazione, la sua cura per i particolari in vista di un evento che squadra e star hanno voluto rendere epocale. Passo a passo, sin dalle prime battute. Una manovra di avvicinamento carica di pathos e simbolismi: quella di Hamilton alla Ferrari è semplicemente la miglior presentazione sportiva di sempre – o quanto meno nell’era dei social.

L’alba del nuovo anno – e del nuovo, faraonico contratto – era scoccata nel segno di un’accortezza formale: il follow della Ferrari su Instagram, a Sir Lewis e al suo cane Roscoe. Quindi la torta intrisa di rosso per il 40esimo compleanno di Hamilton. E l’alchimia di coppia, innescata sempre sotto forma di post: il cambio di etichetta all’ingresso della dressing room dei futuri piloti ferraristi, una prenotazione per due al Ristorante Cavallino di Maranello – «Il tavolo più emozionante del mondo» – e i badge personali per l’accesso alla sede sportiva, perfino le ciotole dei loro amici a quattro zampe. In tutti questi casi, la Ferrari ha avuto la particolare attenzione di scrivere “Charles Leclerc e Lewis Hamilton”. Non viceversa, come l’ordine alfabetico – se non il palmarès – prescriverebbe. È un messaggio granitico, tutelare il proprio fuoriclasse nel momento in cui gli si affiancherà un altro pilota dalla popolarità soverchiante. Ed è pure la ricerca di un nuovo equilibrio. Ferrari-Hamilton non vuole essere soltanto un gigantesco binomio commerciale, ma anche un progetto tecnico vincente, come team, per riportare a Maranello un titolo che in Formula 1 manca dal 2008.

E veniamo dunque all’ora X. Annunciata domenica, sempre via social: «Settate gli orologi», incalza la Ferrari mostrando il suo. La lancetta dei secondi scorre, supera ben visibile il 55 – quello di Carlos Sainz, che lascerà il suo posto a Lewis: altro dettaglio maniacale – e completa il giro. Suona la sveglia: sono le 16 e 44, i numeri di Leclerc e Hamilton. Roba da mandare in tilt la sezione commenti della scuderia. Crescendo continuo. Il giorno dopo tocca al primo ritratto di famiglia: il campione britannico con le mani giunte, in elegante cappotto e abito di sartoria Ferragamo, vicino a una rossa, di fronte alla casa di Enzo Ferrari. Nulla è lasciato al caso. L’automobile è la classica F40: la supercar preferita da Lewis. Le finestre inquadrate sono sette – una per ciascun titolo vinto – di cui una oscurata per ricordare il Mondiale del 2020, conquistato alla guida della Mercedes con la livrea nera. C’è poi l’asfalto bagnato – fortuita giornata di pioggia? difficile – a evocare le imprese più ardue del pilota: su tutte il GP di Silverstone, nel 2008, dove un giovane Hamilton trionfò sotto l’acquazzone con oltre un minuto di vantaggio davanti al pubblico di casa. La porta, naturalmente rossa, si spalanca così verso il futuro in Ferrari.

 

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Seguono altre foto di rito, strette di mano, Hamilton che posa come un modello con la nuova tuta. “FIRST TIME IN RED”, altra prima volta d’eccezione gridata in maiuscolo. Tutto trasmette un senso di pulizia, accuratezza, stile, sui canali della Ferrari coordinata col pilota. Mercoledì arriva finalmente il debutto in pista: 30 giri di rito, il tappeto rosso dinanzi al circuito, squarciando la nebbia e le urla dei tifosi. Anche quelle di Lewis, che ha voluto con sé la sua famiglia. «Quando ho messo in moto e sono uscito dal garage», racconta «avevo il mio sorriso più grande stampato sul volto. Mi ha ricordato la primissima volta che ho testato un’auto di Formula 1: un momento così eccitante e speciale. Ed eccomi qua, quasi vent’anni dopo, a provare di nuovo quelle stesse emozioni».

Si chiude così l’album ferrarista. D’ora in poi parleranno soltanto i motori, si parte il 16 marzo col Gran Premio d’Australia. Ma l’operazione Hamilton sarà presto un caso di studio: ha detonato una comunicazione altra, estremamente visiva, di grande coinvolgimento e capace di sincronizzare volume del contenitore – commenti, like, condivisioni – e qualità dei contenuti. Trendy ma non di nicchia, pop ma non trash. Un’intersezione rara sui social, quanto mai media. Non è un caso, nemmeno questo, che quotidiani cartacei e online non siano riusciti a tenere il passo: negli stessi giorni titolavano di Inter, Juve, Champions League. Giusto un trafiletto sul “signore in rosso”. Aveva bisogno di altro spazio, di altre velocità. Quel che si trova soltanto in Ferrari.

Crediti foto: Ferrari Instagram