Cosa può fare Spalletti per correggere gli errori dell’Italia

Il gol di Zaccagni ha solo nascosto le briciole sotto il tappeto: agli ottavi di finale, contro la Svizzera, servirà molto di più.

Lipsia è una città in crescita, una città di cultura e di musica. Ci ha vissuto Johann Sebastian Bach, che ha fatto da direttore al Thomanerchor (uno dei cori più antichi al mondo, fondato nel 1212). E la Gewandhaus – che ospita l’orchestra cittadina, una delle più rinomate a livello nazionale – affaccia esattamente su Augustusplatz, la piazza principale della città. Qui è stata allestita anche la fanzone per gli Europei, ed è qui che molti tifosi italiani, lunedì sera, avranno tirato un sospiro di sollievo. Sì, perché l’arcobaleno “delpieresco” dipinto da Mattia Zaccagni ha allontanato le nuvole che si stavano addensando, foschissime, sulla Nazionale di Spalletti. Dopo un’intera partita di sofferenza, l’Italia ha trovato il guizzo che le è mancato. E l’ha fatto a tempo praticamente scaduto,  dopo dei cambi che avevano mosso e prodotto qualcosa, certo, ma non un totale ribaltamento della partita – ovvero la cosa di cui aveva bisogno la Nazionale dopo il gol segnato da Modric a inizio secondo tempo.

Il tema dei cambi è un punto interessante da cui partire, perché l’Italia, nell’arco delle tre partite del girone, è andata in campo mostrando tante facce diverse. Eppure, nonostante questo tipo di rotazione, diversi giocatori non sono ancora stati chiamati in causa. O comunque sono stati impiegati pochissimo. El Shaarawy e Buongiorno, per esempio, non hanno ancora giocato; al di là del gol, Zaccagni ha messo insieme solo 37 minuti di gioco; Fagioli è arrivato a quota 10 minuti in campo mentre Folorunsho è ancora fermo a uno – un giocatore come lui sarebbe servito molto contro una Croazia atleticamente alle corde.

Il discorso sulle turnazioni che non funzionano diventa ancora più importante se pensiamo che, tra i titolari di Spalletti, ce ne sono almeno quattro in evidente difficoltà: Dimarco è rientrato di corsa, ma contro la Croazia è sembrato fuori dal contesto; Pellegrini è forse il numero 10 meno decisivo e meno trascinante che l’Italia abbia avuto negli ultimi vent’anni, accanto a Thiago Motta di Euro 2016; Jorginho è lontanissimo dai suoi standard, e forse sta arrivando il momento del passaggio di testimone; Di Lorenzo non solo è totalmente fuori forma, ma nel primo tempo praticamente non è mai stato servito dai suoi compagni, come se la fiducia nei suoi confronti fosse venuta a mancare.

In conferenza stampa, Luciano Spalletti è stato perentorio: «Questi ragazzi provano attaccamento alla maglia azzurra? Persino troppa, da qui vengono alcuni momenti difficili, legati alla poca esperienza». Poi, rimanendo sulla stessa lunghezza d’onda, ha aggiunto che «giocavamo contro la Croazia, che ha tanti calciatori con 100 e più partite in Nazionale». Tutto questo non può giustificare le evidenti mancanze dell’Italia: se i singoli musicisti latitano, sta al direttore d’orchestra dargli uno spartito comune da seguire. Anche perché la gara degli ottavi di finale, sabato a Berlino contro la Svizzera, sarà completamente diversa: la Croazia vista a Lipsia, infatti, non ne aveva più; Perisic, Kovacic, Brozovic e persino Modric sono sembrati dei calciatori a fine corsa. La Svizzera invece ha un’anima e un’energia decisamente più temibili: è una squadra che corre tanto, che ha un’identità chiara e ora può contare anche un certo entusiasmo, dopo le ottime prestazioni espresse nelle partite del girone. Infine, ma non in ordine di importanza, Yakin e i suoi giocatori hanno perso una sola partita nell’ultimo anno e mezzo.

Un momento che ci ricordiamo ancora tutti molto bene, purtroppo. (Alberto Pizzoli/AFP/Getty Images)

E allora cosa dovremmo aspettarci dal prossimo concerto, quello all’Olympiastadion di Berlino? A riprendere le parole del ct, i fantasmi del passato potrebbero tornare a tormentare gli Azzurri. Fu proprio la Svizzera di Yakin, infatti, a costringere l’Italia di Mancini agli spareggi per accedere ai Mondiali 2022, quelli che si conclusero con la sconfitta di Palermo contro la Macedonia. Al di là dell’ultimo precedente, cosa può fare Spalletti per correggere ciò che non ha funzionato? La squalifica di Calafiori, forse, costringerà l’Italia a cambiare ancora fisionomia. Tornare alla difesa a quattro sarebbe una soluzione, ma come detto i terzini non stanno brillando a quest’Europeo. E allora forse è arrivato il momento di Alessandro Buongiorno: se immaginiamo lui accanto a Bastoni e Darmian, la vera sterzata serve più avanti, magari con Chiesa o El Shaarawy dal primo minuto e con il poliedrico Cambiaso sull’altra fascia, così da garantire copertura sui mezzofondisti dell’attacco svizero. In mezzo, un’idea potrebbe essere quella di rinforzare il centrocampo, magari con Barella e Cristante. Anche perché la differenza andrà fatta davanti.

In questo senso, l’impatto avuto da Chiesa e da Zaccagni contro la Croazia potrebbe portare Spalletti a schierarli dal primo minuto. Magari alle spalle di Gianluca Scamacca. Perché anche se Retegui ha cercato di tenere su l’Italia per tutta la partita, è mancato qualcosa a livello di imprevedibilità nelle giocate, nei movimenti. E allora il centravanti dell’Atalanta potrebbe essere chiamato a ripetere anche in nazionale tutto il buono mostrato nella sua prima stagione a Bergamo. Dove, però, è aiutato da un sistema di gioco che funziona. E che gli permette di esprimersi al meglio. Insomma, l’Italia di Spalletti è un’orchestra che ha bisogno di essere guidata. Di avere una struttura. Altrimenti fatica a consolidarsi, a trovare continuità e certezze. In questo momento ci sono ancora tanti dubbi, ma se il direttore Spalletti trovasse la quadra negli interpreti, potrebbe essere uno di quei momenti che definiscono un ciclo.