Nessun’altra squadra al mondo è come il Borussia Dortmund

Il BVB ha un'identità unica e inconfondibile, che gli permette di rinascere sempre a nuova vita.

Oggi il Borussia Dortmund non è solo la fabbrica di talenti migliore d’Europa. È una realtà solida, unica, ormai radicata nell’olimpo del calcio. Quello del BVB è un mondo a se stante, che è già andato (molto) oltre l’exploit con Klopp nei primi anni Dieci, oltre la costruzione di fenomeni come Haaland e Bellingham: è prima di tutto un modello ben riconoscibile eppure fluido, che non segue cicli definiti ma si evolve ogni anno, che trascende i tempi frenetici del calcio moderno, anzi ne detta di propri. E lo dimostra il fatto che è tra le quattro migliori squadre d’Europa nonostante abbia una rosa apparentemente senza stelle e stia vivendo una stagione domestica a dir poco deludente: il Borussia al momento è quinto in Bundesliga e a dicembre è stato eliminato dalla DFB-Pokal.

Negli ultimi vent’anni, il Borussia ha cambiato la storia di Dortmund, città industriale di 500mila abitanti nel cuore della Ruhr, portandola quasi sullo stesso gradino di capitali europee come Londra, Madrid e Parigi. Lo ha fatto mantenendo il legame con il territorio, creando un’identità immutabile che viene alimentata dal 2005, quando il club era sull’orlo del fallimento e Hans-Joachim Watzke ne è diventato l’amministratore delegato. Una posizione che ricopre tuttora. Watzke ha ricostruito la società su principi chiari: senso di appartenenza, ambizione e sostenibilità economica. Così ha trasformato il BVB nel cuore pulsante della città, dando vita a un progetto che ancora oggi produce ricavi e risultati, per cui un attento lavoro – fatto di scouting e sviluppo degli atleti – viene preferito alle scorciatoie. Anche questo è un modo per raccogliere l’eredità operaia di Dortmund. 

Al contrario dell’organico, che cambia spesso, l’organigramma dirigenziale è rimasto invariato negli anni: Watzke è alla sua 19esima stagione da CEO, l’ex direttore sportivo Michael Zorc aveva passato 43 anni con il BVB prima di lasciare nel 2022; Sebastian Kehl, che ha sostituito Zorc, ha trascorso praticamente la sua intera vita al Borussia Dortmund. È come se il sentimento nei confronti del club venisse prima di ogni cosa, come se per far parte di questa realtà si dovesse sentire emotivamente quello che, tra le strade di Dortmund chiamano “echte liebe”, l’amore vero. Un motto che incarna il legame forte e passionale tra tifosi e squadra: l’unico amore possibile,  diventato poi lo slogan della squadra durante gli anni di Klopp. Così, nel 2022, i dirigenti del Borussia hanno scelto Edin Terzic come allenatore. «Terzic conosce ogni singolo ramo del club, le nostre ambizioni, la nostra identità. È nato con la passione per i nostri colori. E fidatevi, questo aiuta», ha detto Watzke alla German Press Agency. 

Il Borussia Dortmund ha mutato forma nel tempo, modificando stili di gioco e interpreti, senza mai però cambiare la sostanza. La sua essenza. La connessione con il territorio è rimasta anche grazie all’azionariato popolare, seguendo la controversa regola del “50+1” – per cui nessuna azienda o persona fisica può detenere il 51% di un club di Bundesliga, permettendo ai tifosi di mantenere un legame reale, e viscerale, con il proprio club. Il Dortmund, pur mantenendosi dentro questo perimetro e attuando un modello economico sostenibile, riesce comunque a rimanere ambizioso. E lo fa attraverso un sistema perfezionato nel tempo, attraverso la trasformazione del player trading in una vera e propria arte, con l’attenzione maniacale nella formazione dei giocatori, le cessioni importanti e la ricerca continua di nuovi fenomeni. Mantenendo il fiuto per le opportunità migliori sul mercato.

Un modello incarnato in pieno dal tecnico Terzic: da sempre tifoso giallonero, dal 2010 è parte dell’organigramma del BVB. Al secondo anno alla guida del Borussia, Terzic ha riportato la sua squadra tra le migliori quattro d’Europa, dopo aver battuto l’Atlético Madrid in una doppia sfida tanto imperfetta quanto eccitante, in cui ha avuto la meglio chi ha fatto meno errori. Nella gara di ritorno, il 16 aprile, il Borussia ha rimontato la sconfitta di Madrid della settimana precedente con un pirotecnico 4-2. Il primo gol è una sorta di autobiografia del BVB, visto che coinvolge i due giocatori più importanti della gestione di Terzic: Hummels e Brandt. Il primo rappresenta il legame con il club; il secondo, invece, è l’espressione del talento individuale che viene rigorosamente aspettato e coltivato dal BVB. 

A Dortmund, infatti, l’attesa del talento è estremamente importante. Il Borussia, infatti, è una delle poche squadre che sa essere paziente con i propri giocatori, senza etichettarli come delusioni alle prime partite infelici. Così Brandt, arrivato nel 2019 come grande promessa, dopo quattro stagioni sembrava ormai perduto. Invece, Terzic lo ha rimesso al centro del progetto, affidandogli la fase creativa del gioco, accentrandolo dietro la punta nel suo 4-2-3-1. In una fase offensiva che vive di fiammate, ora Brandt riesce a mettere finalmente in mostra la sua conoscenza raffinata dello spazio-tempo, attacca i mezzi-spazi, sa sempre in quale angolo dell’area di rigore infilarsi. E quest’anno si è preso la squadra con nove gol e 14 assist. Così anche Donyell Malen, che ha deciso gli ottavi di finale contro il PSV, sembra tornato il giocatore di una volta, ha ritrovato l’esplosività che aveva fatto vedere in Olanda. Peccato che un infortunio lo costringerà a saltare la gara d’andata contro il PSG-

Da quando è arrivato al Borussia Dortmund, nel 2019, Julian Brandt ha messo insieme 207 gare ufficiali e 38 gol complessivi (Dean Mouhtaropoulos/Getty Images)

Inutile negarlo: quella di Terzić non è una squadra particolarmente strutturata. A inizio anno lo stesso allenatore ha dichiarato di volere una squadra «meno sexy, più vincente». Ma questo non vuol dire che guardare il suo Dortmund non sia esteticamente appagante. Anzi, vedere il BVB è un’esperienza quasi religiosa, che mette in discussione qualsiasi certezza. Quella di Terzic è una squadra che si illumina a luci intermittenti, che vive le partite a ritmi anomali. Nel bene e nel male. Così ogni gara può finire in qualsiasi modo, tanto che nel giro di pochi giorni ha alternato la convincente prestazione contro l’Atletico a un disastroso 4-1 subito contro il RB Lipsia questo sabato. 

Quello del Dortmund è un sistema di gioco piuttosto libero, che si affida molto alle abilità relazionali tra i giocatori in campo. Il BVB di Terzić segue le corse e le vampate dei propri esterni. Che, liberati dai movimenti di Füllkrug, possono essere micidiali. Füllkrug, appunto: non è semplicemente una punta vecchio stampo, estremamente abile di testa e negli ultimi metri, ma è un attaccante che sa associarsi verso il campo, che lascia spazio alla rapidità di chi si inserisce alle sue spalle. Inoltre, vista anche la tendenza al possesso palla dei due centrali Hummels e Schlotterbeck, il BVB attacca praticamente l’intero organico. Risultato: si trova in grande difficoltà quando poi deve difendere contro attaccanti che vanno velocemente in profondità, che costringono i difensori – non proprio rapidissimi – a correre all’indietro.

Ma la gara di stasera passerà soprattutto per i piedi di Sabitzer e Sancho. Sono i due giocatori più talentuosi della rosa, che hanno raggiunto il Dortmund alla ricerca di riscatto dopo brutte esperienze nel tritacarne del Manchester United. Due opportunità di mercato che il Borussia ha colto prima di chiunque altro. Trovando quindi delle alternative per una rosa che, dopo tanti anni, risultava priva di fenomeni generazionali da esporre in vetrina. E da rivendere alla prima sessione di mercato. In questo senso, si può dire, la sfida con il PSG arriva in una stagione di transizione, in cui sembrava non dovesse succedere niente: due anni fa, per dire, a Dortmund c’erano Bellingham e Haaland che giocavano insieme. E un anno fa il BVB perse un campionato già vinto davanti ai suoi tifosi. Eppure tutto è rimasto lì, tutto è ancora solido. Forse mutato, ma solido. Tutto ciò sta accadendo perché il Borussia Dortmund ha capito che il tempo, inteso come opportunità di lavoro e crescita, è un’enorme risorsa. A volte è una risorsa più importante rispetto alla potenza di spesa. 

Ecco perché l’addio di un giocatore importante o un campionato perso non rappresentano necessariamente un fallimento. Piuttosto sono tappe di un percorso che tiene il Borussia Dortmund tra le migliori squadre d’Europa in modo duraturo, costante. Con qualche picco sparso, come la semifinale di Champions di quest’anno. Tutto si origina e confluisce in un’identità talmente forte che si è trasformata in un mito. «Questo è il nostro destino», ha detto Watzke in un’intervista a The Athletic. «Dortmund non è una metropoli. Ogni anno dobbiamo riorganizzarci, rinascere». È tutto qui, ed è una cosa enorme.